Il Genio Italiano – L’incredibile giornata di Berto Ebebeppe

L’Italia è universalmente nota per i suoi innumerevoli contributi alla cultura classica, alle belle arti. Tutti conoscono, almeno di fama, Firenze, Venezia, Roma. Ognuno di noi ha ascoltato le arie di Vivaldi o di Puccini. Tutti hanno letto qualche verso di Dante Alighieri. Ma, mentre l’Italia è unanimemente considerata una potenza mondiale sul piano artistico e letterario, meno persone indicano “lo stivale” come culla della scienza e dell’innovazione. Lo sapevate ad esempio che l’Italia è il terzo Paese ad aver collocato in orbita un satellite, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti? 

 

La formazione in campo scientifico e tecnologico è importantissima, e noi abbiamo tradizioni in questo campo “da vendere” e tanti scienziati di cui andare fieri. 

 

Vorrei pertanto in questo mio contributo offrirvi una panoramica su alcune invenzioni italiane che nel corso del tempo hanno cambiato la vita nelle nostre società. La storia italiana (e qui includo tutta la tradizione dei popoli italici, a partire dai romani la cui cultura è indiscutibilmente madre di quella italiana) è infatti costellata di moltissime invenzioni, opera di geni italici, che hanno contribuito in maniera determinante al progresso scientifico, tecnologico o più generalmente sociale del mondo. Tutti conoscono i più importanti “cervelli”, come Leonardo Da Vinci (padre dei primi prototipi di aereo, di elicottero, di paracadute…nel XVI secolo!) e Galileo Galilei (oltre al famoso telescopio, inventò anche la pompa idraulica per elevare grandi quantità di liquidi a livelli superiori). Pochi tuttavia ricordano i nomi di tanti “geni minori” (ma neanche tanto “minori”…), le cui intuizioni hanno influenzato, e continuano a influenzare, in maniera radicale le nostre vite.

 

Faremo questo viaggio attraverso la genialità italica in maniera ironica, con il racconto di una “particolare” giornata vissuta da un personaggio immaginario: l’Ing. Berto Ebebeppe, abitante della altrettanto immaginaria città di Keebe, capitale della Repubblica di Tuduia. Berto si sveglia un giorno in un mondo in cui l’Italia non è mai esistita…

 

***

 

Berto non usava la sveglia. Amava svegliarsi con il rintocco delle campane della parrocchia di quartiere. Scienziato, razionale e agnostico, non era un gran frequentatore di chiese. Ma il suono delle campane gli ricordava la sua infanzia, quando passava lunghe estati a Tabia, il paesino dei nonni, dove i ritmi della giornata erano scanditi dal rintocco delle campane. Forse anche per questo, inconsapevolmente, si era scelto una casa vicino a una parrocchia. Già all’alba era uso aprire un occhio – o un orecchio, sarebbe meglio dire – per contare le scampanate che annunciavano il passare delle ore, felice quando si rendeva conto di poter sonnecchiare ancora un po’. Quando il campanile ne suonava sei, era l’ora di alzarsi. 

Quella mattina si sveglio però nel silenzio, le campane parevano non suonare… Berto si alzò e guardò l’orologio: «Le sette e trenta! Farò tardi al lavoro!». Corse alla finestra per cercare di capire cosa fosse successo e… il campanile era svanito! La chiesa non aveva più campane… 

L’invenzione del campanile è attribuita a Paolino Vescovo di Nola, nel V secolo.

 

Berto Ebebeppe era persona molto curata e pulita. Riteneva che l’igiene personale fosse non solo una questione intima, ma un segno di rispetto anche nei confronti della società, delle persone che uno incontra ogni giorno in autobus, al bar, in ufficio. Nonostante il ritardo nella sveglia, niente gli avrebbe impedito di farsi una veloce doccia. Si recò quindi in bagno, entrò nella cabina ma con sua enorme sorpresa non vide né i rubinetti né il soffione della doccia. 

Furono gli antichi Romani, con le loro ingegnose opere di architettura, a costruire i primi acquedotti per rifornire le domus (case) e le città di acqua corrente e pulita. Sembra, inoltre, che sempre nell’Antica Roma fossero stati inventati dei primordiali miscelatori in grado di convogliare acqua calda e fredda prelevate da due diverse vasche simultaneamente.

 

Berto Ebebeppe, ancora incredulo di quanto gli stesse capitando, prese delle salviette umidificate e si rinfrescò alla buona. Poi corse in cucina. Soleva fare colazione con un buon caffè e una grande fetta di pane con crema di cioccolato. Se al mattino non mangiava qualcosa la sua giornata partiva fiacca. Pur se velocemente, non si sarebbe quindi privato non solo di un piccolo piacere (adorava l’accoppiata degli aromi del caffè e della cioccolata) ma di quell’indispensabile apporto di caffeina e zuccheri che considerava il necessario carburante per una lunga giornata. Capirete la sua delusione quando in cucina non trovò traccia della sua prima colazione preferita: niente moka, niente macchina per l’espresso, nessuna traccia della Nutella che era sicuro aver comprato al supermercato rientrando a casa la sera prima…

La macchina per il caffè espresso è stata inventata nel 1901 da Luigi Bezzera, la moka da Luigi de Ponti per Bialetti nel 1933. 

Nel 1951 la ditta italiana Ferrero introdusse sul mercato la SuperCrema Giandujot, evolutasi nel 1963 nella ben più nota Nutella.

 

«Cominciamo bene questa giornata! – esclamò Berto – niente doccia e niente colazione… vorrà dire che prenderò qualcosa al bar sotto casa». Ma il bar sotto casa era anch’esso scomparso, come il campanile, la doccia, il caffè… Al suo posto Berto trovò la bottega di un calzolaio.

Secondo molte fonti, ad usare per primo la parola “bar” fu un imprenditore italiano, tale Alessandro Maranesi, che nel 1898 aprì il primo bar a Firenze, usando appunto le tre lettere come sigla per “Banco A Ristoro”.

Anche se, per assurdo, il nostro Ing. Ebebeppe avesse cercato un caffè fuori dall’atmosfera terrestre, nella speranza di trovarlo in una qualche avanzata stazione orbitale, non avrebbe avuto fortuna: la macchina per fare il caffè espresso nello spazio, la ISSpresso, è stata inventata dalla azienda Argotec nel 2015 per la Stazione Spaziale Internazionale. 

 

Berto, sconsolato, si recò in garage. Lavorava in un centro di ricerca specializzato in sismologia. I laboratori aprivano alle otto ed era già in forte ritardo. Salì sulla sua macchina, una vecchia spider appartenuta a suo padre alla quale era molto legato e che curava con attenzione maniacale. «Ancora due anni e potrò immatricolarti come auto d’epoca», disse ad alta voce, come se il mezzo potesse ascoltarlo e capirlo. Girò la chiave ma non udì il rumore del motorino di avviamento. «Ti si è scaricata la batteria?» chiese alla spider, quasi attendendosi una risposta. Scese, prese i cavetti del carica batteria, aprì il cofano ma… la batteria non c’era…

La pila elettrica fu inventata da Alessandro Volta nel 1799.

 

Ciò che più colpì l’ingegnere Ebebeppe non fu però la scomparsa della batteria, ma la totale assenza del motore! Quella mattina, della macchina erano rimasti solo la carrozzeria rosso acceso, gli interni di pelle beige, la capote nera. Cerano pure i guanti nel cassetto davanti al sedile del passeggero. Ma il vano motore era vuoto! Ci si poteva vedere attraverso, fino al pavimento del garage in linoleum grigio. Del prestigioso sei cilindri a V con doppio albero a camme in testa, una meraviglia dell’ingegneria meccanica, nessuna traccia!

Il motore a scoppio fu inventato da Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, che lo brevettarono nel 1853 (molti pensano siano stati Carl Benz e Nicolaus Otto, ma questi non inventarono il motore a combustione interna, lo perfezionarono, e solo molti anni dopo nel 1886).

 

Berto volse quindi il suo sguardo verso l’altro lato del garage, dove normalmente parcheggiava la sua Vespa. Anche questa d’epoca, una Sprint 150cc del 1967 color celeste con la quale il nostro ingegnere sognava di prendersi un anno sabbatico per girare il mondo. «La Vespa è indistruttibile – ripeteva sempre ai suoi amici scettici – anche un modello di quasi sessant’anni fa può tranquillamente affrontare un raid estremo, con solo un po’ di attenzione e una ragionevole manutenzione». Restò a bocca aperta, senza parole, quando al posto del suo amato scooter vide una vecchia bicicletta…

La Vespa fu inventata da Corradino d’Ascanio nel 1946 per la Piaggio.

 

«Andrò in bicicletta», pensò. Non era pensabile saltare il turno di lavoro. Ai laboratori stavano lavorando a importanti esperimenti per la prevenzione dei disastri dovuti a terremoti e maremoti, e quel giorno era prevista un’attività molto importante sulla misurazione delle scosse tettoniche, di cui lui era il Team Leader. I laboratori erano tuttavia distanti circa dodici chilometri. Ci avrebbe un po’ in bici. «Devo avvertire del ritardo» pensò cercando il suo cellulare in tasca…invano. «Forse l’ho lasciato in casa…». Corse di nuovo nell’appartamento ma non lo trovò. Non trovò neanche il telefono fisso. Non poteva comunicare ai colleghi che lo aspettavano il suo ritardo.

Il telefono fu inventato da Antonio Meucci nel 1871 (l’americano Graham Bell fu il primo a brevettarlo, ma solo nel 1876).

 

Berto Ebebeppe cominciò a sentirsi stordito per come era iniziata la giornata. Troppe cose strane. Anche fuori per strada aveva una sensazione come se mancasse qualcosa, come se l’ambiente e le persone fossero diverse. Complice anche la concitazione per il ritardo al lavoro in una giornata particolare, iniziò a provare un po’ di panico. «Una bella pedalata mi farà bene, mi schiarirà le idee!», esclamò ad alta voce mentre inforcava la bicicletta. Il suo vicino, uno scrittore straniero che di nome faceva Arduino Eporediese, fece un sussulto non aspettandosi questa esclamazione estemporanea del normalmente silenzioso Ingegnere Ebebeppe.

Berto iniziò a pedalare. Raggiunta una certa facilità di pedalata in pianura cercò la levetta del cambio per allungare il rapporto ma non la trovò. La bici non aveva marce. «Strano – rimuginò – quale bici oggi non ha il cambio?».

Il cambio per le biciclette è stato inventato da Tullio Campagnolo nel 1935.

 

Scherzando, tra sé e sé pensò «almeno, andando a questa ridicola velocità, l’Autovelox fisso di Via del Sumito non mi scatterà la foto… hehehe…»

Tranquillo Berto, l’Autovelox è stato inventato dalla azienda Sodi Scientifica di Firenze negli anni ‘60.

 

Berto giunse ai laboratori alle otto e quaranta. Tutta la sua squadra era pronta da oltre mezz’ora. «Cos’è successo?», gli chiese Gianco Mimimmi, un occhialuto geologo, suo principale collaboratore e coordinatore del team. «Tutto bene? Ti vedo pallido». 

«Niente, niente – tagliò corto Berto – sarebbe troppo lungo spiegarti. Sto bene comunque. Avete preparato tutta l’attrezzatura per l’esperimento? I sismografi sono stati tarati?» 

«I sismoché? – chiese stupito Gianco – cosa sono?»

«I sismografi…», balbettò Berto, con uno strano presentimento… Entrò nel laboratorio e non vide quei costosissimi strumenti che era riuscito a comprare – o almeno era convinto fino alla sera prima di aver comprato… – grazie a un instancabile lavoro di fundraising che aveva finalmente portato a un finanziamento straordinario della facoltà di geofisica dell’Università di Keebe.

Il sismografo elettromagnetico è stato inventato da Luigi Palmieri nel 1857, mentre è nel 1902 che il geologo Giuseppe Mercalli mette a punto la prima scala per misurare l’intensità macrosismica di un terremoto, attraverso l’osservazione dei danni e delle modificazioni prodotte da esso (la Scala Mercalli). 

 

«Lascia perdere il sismografo – disse Berto a Gianco – piuttosto avete già impostato i parametri di calcolo sui computer?»

«Computer? Cos’è un computer?», chiese Gianco, preoccupato per lo stato confusionale del suo capo. «Comunque, certo che ho impostato i parametri di calcolo», aggiunse porgendo a Berto una risma di fogli di carta fitti di numeri e formule.

Il Programma 101 Olivetti, precursore del PC, fu inventato da Pier Giorgio Perotto nel 1965, il microchip da Federico Faggin nel 1971. 

 

«Andiamo bene! – esclamò Berto – vorrà dire che faremo tutti i calcoli a mano…alla vecchia maniera».

«Vecchia?…» chiese Gianco?

«Lascia perdere. Mettiamoci al lavoro che si sta facendo tardi», ribatté Berto.

La giornata fu molto, molto, lunga. Il team passò ore e ore a rivedere le misurazione sugli effetti dei terremoti in varie città della Repubblica di Tuduia. Tutti calcoli fatti a mano, con matita e foglio, come Berto non era abituato a fare da anni. Rimase peraltro sorpreso quando i suoi collaboratori si bloccarono di fronte ad una semplice equazione di secondo grado. Tutti esclamarono «impossibile andare avanti, è un problema irrisolvibile…»

Il primo a risolvere un’equazione di secondo grado fu Ludovico Ferrari nel 1545.

 

A fine giornata, nonostante l’assenza di sismografi e strumenti informatici, il team era riuscito a concludere l’esperimento. Il Direttore Generale, cui dovevano presentare i risultati del lavoro, sarebbe arrivato alle diciannove e trenta. Berto guardò l’orologio: erano le diciotto e quarantuno. «Mettiamo un po’ di musica», disse andando nell’angolo del laboratorio dove tenevano una vecchia radio d’epoca, una Grundig 5150 del 1952 che Berto aveva personalmente restaurato e che, nonostante l’età e il fatto che fosse “mono”, suonava ancora una bellezza. Al suo posto trovò un anonimo bollitore di acqua per il tè… Non si pose particolari domande, immaginò che fosse scomparsa come molte altre cose nella giornata… Stava iniziando a prendere quell’assurda giornata con filosofia. D’altronde cos’altro avrebbe potuto fare? Era evidente che se avesse raccontato agli altri quello che gli stava accadendo lo avrebbero preso per matto.

La radio fu inventata da Guglielmo Marconi nel 1897.

 

Tagliò quindi corto e chiese a Gianco se avesse notizie dell’arrivo del Direttore Generale: «il suo elicottero dovrebbe essere nel radar a quest’ora…» disse. Il Direttore non viveva del suo stipendio di dirigente di un ente di ricerca pubblico. L’elicottero se lo poteva permettere in quanto erede di una famiglia molto facoltosa. Poiché viveva fuori città alle volte per risparmiare tempo si concedeva il vezzo di volare da casa all’ufficio.

Gianco, sempre più allarmato dai comportamenti di Berto, rispose: «Radar? Elicottero? Ma cosa sono? Certo Berto che oggi parli strano, proprio non ti capisco… lo sai che il Direttore Generale ha ultimamente preso casa qui vicino e viene sempre a piedi».

Il radar fu inventato da Guglielmo Marconi (si, lo stesso della radio) e Ugo Tiberio nel 1936, mentre l’elicottero lo fu da Corradino d’Ascanio (si! Lo stesso della Vespa!) nel 1925.

 

Nonostante il subbuglio della giornata, Berto fece una buona presentazione e il Direttore rimase soddisfatto dei risultati dell’esperimento. Si erano fatte le venti e trenta. Berto, esausto per la giornata, pensò di dovere a tutti i costi rilassare quella testa che gli stava scoppiando. Nulla aiutava in questi casi più della musica classica. Fuggì letteralmente dai laboratori e si diresse verso il Teatro Lirico, per il quale aveva l’abbonamento stagionale. Si ricordava che il programma della serata prevedeva alle ventuno un concerto di musica barocca per piano e archi, i suoi strumenti preferiti. Corse al botteghino, prenotò il posto in platea e si accomodò per godersi un paio di meritate ore di musica. Con sua sorpresa sul palco non vi era alcun piano. Né salirono violinisti. Si presentò solo una fisarmonicista: «La fisarmonica? Ma io aborro la fisarmonica!», pensò.

Il violino fu inventato da Andrea Amati nel 1500 mentre il Clavicembalo (precursore del pianoforte) da Bartolomeo Cristofori nel 1700.

 

Sempre più quella giornata gli sembrava una spirale perversa di eventi nefasti, inspiegabili e inquietanti. Praticamente un incubo. Ascoltò alcune arie di fisarmonica ma dopo non più di un quarto d’ora il suono dell’odiato strumento gli aumentò il mal di testa. Uscì e si rese conto che la concitazione della giornata gli aveva fatto dimenticare la fame. Non aveva mangiato tutto il giorno. Neanche la colazione, che considerava “sacra”. Ora sentiva un buco nello stomaco quasi doloroso. Ricordò che non lontano dal teatro c’era la pizzeria Da Ciro, un bel ristorantino dove aveva portato la settimana prima Priscilla, una sua ex compagna di scuola che ora lavorava per la motorizzazione civile e per la quale aveva un debole. Era una ragazza molto carina, mezza italiana e con un grande senso dell’umorismo, che già lo attraeva da adolescente ma alla quale non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi. L’aveva incontrata nuovamente, dopo vent’anni dalla maturità, un giorno che si era recato alla motorizzazione per il rinnovo della patente e aveva attirato la sua attenzione raccontandole una barzelletta. Un approccio spesso goffo ma che in quel caso sortì l’effetto sperato: Priscilla rise genuinamente e da lì si ristabilì un’aria di complicità come quella dei tempi del liceo. La serata che passarono Da Ciro fu molto carina e si stampò in maniera indelebile nella memoria di Berto. «Dovrò invitarla di nuovo, e dovrò dichiararmi. Priscilla è una donna fantastica.» pensò.

Girò l’angolo ma al posto della pizzeria Da Ciro trovò un negozio di ferramenta…

La pizza Margherita, madre di tutte le pizze, fu inventata da Raffaele Esposito per onorare una visita a Napoli della regina d’Italia Margherita di Savoia nel 1889.

 

«Vorrà mica dire che anche?…» si voltò verso l’altro lato della strada dove c’era Igloo, la sua gelateria preferita, anche questa scomparsa e sostituita da una boutique di accessori per animali da compagnia. L’occhio di Berto cadde su un passeggino per cani, esposto in vetrina. «Un passeggino per cani? – pensò, distraendosi per un attimo dalla disperazione per la sua fame – ma chi compra un passeggino per cani?».

Il cono gelato è stato inventato da Italo Marchioni nel 1896, ma il sorbetto è in realtà un’invenzione dei romani che già in epoca antica usavano conservare al termine dell’inverno cumuli di neve in ambienti freschi per poi cospargerli con succhi e aromi e mangiandoli come pietanza rinfrescante.

 

«Peccato… un bel gelato mi avrebbe forse riconciliato con questo pazzo mondo…», pensò, dimenticando all’istante l’obbrobriosa visione del passeggino canino. Peraltro l’Ing. Ebebeppe, persona razionale, aveva un solo debole: comprare biglietti della lotteria. E li comprava, scaramanticamente, solo alla cassa della gelateria Igloo perché una volta, molti anni prima, un indovino che incontrò casualmente durante un viaggio in oriente gli predisse che un giorno avrebbe trovato la fortuna mangiando un gelato. Da quel giorno si concesse questa unica licenza propiziatoria, nel quadro di una vita logica e cartesiana, comprando sempre un biglietto della lotteria ogni volta che si prendeva un gelato all’Igloo.

In ogni caso, la lotteria fu inventata da Benedetto Gentile nel 1576.

 

Sconsolato Berto decise di tornare a casa. Mangiò alcuni avanzi della sera prima: mezza porzione di gulasch, un po’ di formaggio e una insalata verde. Gli venne poi voglia di rilassarsi nel bagno. Per il suo ultimo compleanno si era concesso un regalo costoso, ma funzionale al suo benessere: una vasca idromassaggio. La mattina aveva preso atto della sparizione della doccia, ma in quel trambusto che era stato il risveglio di quel giorno non aveva notato se la vasca fosse o meno ancora al suo posto. Aprì la porta del bagno e…. trovò solo un vecchio catino, di quelli che si riempiono a secchiate e che ormai si vedono solo nei film western quando i cowboy fanno l’unico bagno dell’anno (usualmente prima della festa di paese che si concluderà con regolare sanguinosa sparatoria).

La vasca idromassaggio fu inventata da Candido Jacuzzi nel 1943.

 

Il catino fu la goccia che fece traboccare il vaso. Devastato da questa giornata estenuante e piena di incredibili imprevisti, Berto urlò, tra lo scherzoso ed il serio: «E ora? Non mi resta che piantarmi un chiodo in fronte?».

Ma se anche li avesse cercati nella cassetta degli attrezzi, non li avrebbe trovati. I chiodi in metallo furono inventati dai romani…

 

Sfinito, Berto si lasciò andare sul letto, pensando a tutte le cose di cui aveva bisogno e che erano scomparse nell’arco di quella giornata. L’assenza di molte invenzioni ormai necessarie alla vita moderna gli fece ronzare in testa un detto di Platone: «La necessità è la madre delle invenzioni». Iniziò a ripetere prima mentalmente, poi sussurrandone le parole, questa frase… «La necessità è la madre delle invenzioni»… «La necessità è la m…». Piano piano la stanchezza prese il sopravvento, le palpebre si fecero pesanti. Ancora vestito, con le scarpe, piombò in un sonno profondo. 

 

“Din, don, dan, din, don, dan…” Berto fu svegliato da sei rintocchi di campana. Si alzò. Aveva un forte mal di testa. Erano le sei! Si affacciò alla finestra e vide il campanile. Si accese anche la radiosveglia, che alle volte metteva quando voleva essere sicuro di svegliarsi, in quelle giornate importanti in cui non poteva delegare la sveglia solo alle campane. Andò in cucina a prepararsi la colazione e mentre assaporava il suo caffè con il pane e Nutella, gli squillò il cellulare. Era Gianco: «Ehi Berto! Volevo solo assicurarmi che ti fossi svegliato. Abbiamo una giornata intensa che ci aspetta oggi».

 

Dopo le abluzioni mattutine usci con la sua Vespa e passò di fronte all’Igloo. La gelateria era già aperta e lui era in anticipo sulla tabella di marcia. Si disse «ma perché no?», e si fermò quindi a mangiare un gelato: un cono con pistacchio, fragola e nocciola. Ne aveva una gran voglia. Comprò anche il biglietto della lotteria (ma non vinse). Uscendo udì una voce che lo chiamava: «Bertooo! Ciaooo, come stai?». Era un enorme, bellissimo, sorriso dietro il quale stava Priscilla.

 

«Certo che il mondo senza gli italiani sarebbe proprio un incubo…» pensò, con un ghigno, Berto.

 

TRADUÇÃO

A Itália é universalmente conhecida por suas inúmeras contribuições à cultura clássica, às belas-artes. Todos conhecem, pelo menos pela fama, Florença, Roma. Cada um de nós ouviu as árias de Vivaldi ou de Puccini. Todos leram algum verso de Dante Alighieri. Mas enquanto a Itália é, por unanimidade, considerada uma potência mundial no plano artístico e literário, menos pessoas indicam “o país da bota” como o berço da ciência e da inovação. Sabiam, por exemplo, que a Itália é o terceiro país a ter colocado um satélite em órbita, depois da União Soviética e dos Estados Unidos?

A formação, no âmbito científico e tecnológico, é importantíssima, e nós temos tradições neste âmbito “para dar e vender” e tantos cientistas de quem sentir orgulho.

Gostaria, portanto, nesta minha contribuição, de oferecer a vocês um panorama de algumas invenções italianas que, ao longo dos séculos, mudaram a vida nas nossas sociedades.

A história italiana (e aqui incluo toda a tradição dos povos itálicos, a começar pelos romanos, cuja cultura é indiscutivelmente a mãe da cultura italiana) está repleta de invenções, de obras de gênios itálicos, que contribuíram de forma decisiva para os progressos científico, tecnológico ou, de modo mais amplo, social do mundo. Todos conhecem as “mentes” mais importantes, como a de Leonardo Da Vinci (pai dos primeiros protótipos de aviões, helicópteros, paraquedas, no século XVI!) e Galileu Galilei (além do famoso telescópio, inventou também a bomba hidráulica para elevar grandes quantidades de líquidos a níveis superiores). No entanto, poucos se lembram da contribuição dos “gênios menores” (mas nem por isso, “pequenos”), cujas invenções influenciaram, e continuam influenciando, nossas vidas de forma radical.

Faremos esta viagem pela genialidade itálica de forma irônica, com a história de um dia bem “particular” vivido por uma personagem imaginária: o engenheiro Berto Ebebeppe, habitante de Keebe, uma cidade igualmente imaginária, capital da República de Tuduia. Certo dia, Berto acorda em um mundo onde a Itália nunca existiu…

***

Berto não usava o despertador. Adorava acordar com o badalar dos sinos da paróquia do bairro. Cientista, racional e agnóstico, não era um grande frequentador de igrejas. Mas o som dos sinos lhe fazia lembrar a infância, quando passava longos verões em Tabia, a cidadezinha de seus avós, onde o ritmo dos dias era marcado pelo badalar dos sinos. Talvez, também por isso, inconscientemente, tenha escolhido uma casa perto de uma paróquia. Durante a madrugada, tinha o costume de abrir um olho – ou um ouvido, melhor dizendo – para contar o badalar dos sinos que anunciavam o passar das horas e ficava feliz quando percebia que poderia cochilar um pouco mais. Quando o campanário tocava às seis, era hora de se levantar.

 

Naquela manhã, porém, acordou em silêncio, pois os sinos pareciam não tocar… Berto levantou-se e olhou para o relógio: «Sete e meia! Vou me atrasar para o trabalho!» Correu até a janela para tentar entender o que tinha acontecido… o campanário tinha desaparecido! A igreja não tinha mais sinos…

A invenção do campanário é atribuída a São Paulino de Nola, no século V.

 

Berto Ebebeppe era um tipo muito cuidadoso e higiênico. Acreditava que a higiene pessoal não se tratava apenas de um cuidado pessoal, mas de um sinal de respeito com a sociedade, para com as pessoas que encontramos diariamente no ônibus, no bar, no escritório. Mesmo tendo acordado tarde, nada o impediria de tomar um banho rápido. Então foi para o banheiro, entrou no box, mas para sua enorme surpresa, não viu nem as torneiras e nem o chuveiro.

Foram os antigos romanos, com suas engenhosas obras arquitetônicas, que construíram os primeiros aquedutos para abastecer as domus (casas) e cidades com água corrente e limpa. Além disso, ainda na Roma Antiga, foram inventadas as primeiras torneiras mistas, capazes de transportar água quente e fria retirada de dois tanques diferentes de forma simultânea.

 

Berto Ebebeppe, ainda incrédulo com o que estava acontecendo, pegou alguns lenços umedecidos e se limpou como pode. Então correu até a cozinha. Como café da manhã, costumava tomar um bom café, acompanhado de uma grande fatia de pão com creme de chocolate. Caso não comesse nada pela manhã, sentia-se lento durante o dia. Ainda que comesse rápido, não se privaria daquele pequeno prazer (adorava a combinação dos aromas do café e do chocolate) e, muito menos, da indispensável ingestão de cafeína e açúcar que considerava o combustível necessário para uma longa jornada. Vocês devem entender a sua decepção quando não encontrou na cozinha nenhum vestígio de seu desjejum preferido: nada da cafeteira moka, nem da máquina de café expresso e nem do cheiro da Nutella, que ele estava certo de ter comprado no supermercado quando voltou para casa na noite anterior…

A máquina de café expresso foi inventada em 1901 por Luigi Bezzera; a cafeteira moka, por Luigi de Ponti para a Bialetti em 1933. Em 1951, a empresa italiana Ferrero introduziu no mercado o SuperCrema Giandujot, que evoluiu em 1963 para a famosa Nutella.

 

«Começamos bem o dia! – exclamou Berto – nada de banho e nem de café da manhã… o que significa que terei que comer alguma coisa no bar ao lado». Mas o bar ao lado também havia desaparecido, assim como o campanário, o chuveiro, a máquina de café… No lugar do bar, Berto encontrou uma sapataria.

Segundo muitas fontes, o primeiro a usar a palavra “bar” foi um empresário italiano, Alessandro Maranesi, que em 1898 abriu o primeiro bar em Florença, usando as três letras como sigla para “Banco A Ristoro” [“balcão com comida”, em tradução livre]. 

Ainda que, ironicamente, nosso engenheiro Ebebeppe tivesse procurado um café fora da atmosfera terrestre, na esperança de encontrá-lo em alguma estação orbital avançada, não teria tido sorte: a máquina de café expresso no espaço, a ISSpresso, foi inventada pela empresa Argotec em 2015 para a Estação Espacial Internacional.

 

Berto, desconsolado, dirigiu-se à garagem. Ele trabalhava em um centro de pesquisa especializado em sismologia. Os laboratórios abriam às oito e ele já estava bem atrasado. Entrou em seu carro, um velho spider que pertenceu ao seu pai, ao qual era muito apegado e, por isso, cuidava com extremo zelo. «Mais dois anos e poderei registrá-lo como um carro de época», disse em voz alta, como se o veículo pudesse ouvi-lo e entendê-lo. Girou a chave, mas não ouviu o som da partida. «A bateria está descarregada?» perguntou ao seu carro esportivo, quase à espera de uma resposta. Desceu, tirou os cabos do carregador de bateria, abriu o capô, mas… a bateria não estava lá…

A bateria elétrica foi inventada por Alessandro Volta em 1799.

 

No entanto, o que mais impressionou o engenheiro Ebebeppe não foi o desaparecimento da bateria, mas a total ausência do motor! Naquela manhã, o que tinha sobrado do carro era apenas a carroceria vermelha brilhante, o interior de couro bege e o capô preto. Havia também luvas na gaveta do banco do passageiro. Mas o compartimento do motor estava vazio! Dava para ver através dele o piso de linóleo cinza da garagem. Do prestigiado seis cilindros com duplo comando no cabeçote, uma maravilha da engenharia mecânica, nenhum sinal!

O motor de combustão interna foi inventado por Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, que o patentearam em 1853 (muitos pensam que Carl Benz e Nicolaus Otto inventaram o motor de combustão interna, mas eles apenas o aperfeiçoaram, e somente muitos anos depois, em 1886).

 

Berto, então, desviou o olhar para o outro lado da garagem, onde costumava estacionar sua Vespa. Ela também era vintage, uma Sprint 150cc azul-claro de 1967, com a qual o nosso engenheiro sonhava tirar um ano sabático para dar a volta ao mundo. «A Vespa é indestrutível – repetia sempre aos seus amigos céticos – mesmo um modelo de quase sessenta anos pode facilmente enfrentar um longo percurso, bastando apenas um pouco de atenção e manutenção razoáveis.» Ele ficou atônito, sem palavras, quando viu no lugar da sua amada scooter uma velha bicicleta…

A Vespa foi inventada por Corradino d’Ascanio em 1946 para a Piaggio.

 

«Vou de bicicleta», pensou. Era impensável faltar ao trabalho. Nos laboratórios, estavam trabalhando com experimentos importantes para a prevenção de desastres causados por terremotos e tsunamis, e, naquele dia, estava programada uma atividade muito importante de medição de tremores tectônicos, da qual era ele o responsável. De todo modo, estava a doze quilômetros de distância dos laboratórios. O jeito era ir de bicicleta. «Tenho que avisar sobre o atraso», pensou enquanto procurava o celular no bolso…em vão. «Talvez eu o tenha deixado em casa…» Correu de volta ao apartamento, mas não o encontrou. Também não conseguia achar o telefone fixo. Não podia avisar os colegas que o esperavam sobre o seu atraso.

O telefone foi inventado por Antonio Meucci em 1871 (o americano Graham Bell foi o primeiro a patenteá-lo, mas apenas em 1876).

 

Berto Ebebeppe começou a se sentir desconfortável com a forma como o dia havia começado. Muitas coisas estranhas. Mesmo na rua, tinha a sensação de que faltava alguma coisa, como se o ambiente e as pessoas estivessem diferentes. Somando-se à agitação por estar atrasado para o trabalho em um dia incomum, começou a entrar em pânico. «Uma boa pedalada vai me fazer bem, vai clarear minhas ideias!», exclamou em voz alta enquanto subia na bicicleta. Seu vizinho, um escritor estrangeiro que se chamava Arduino Eporediese, soltou um suspiro por não esperar a exclamação improvisada do normalmente silencioso engenheiro Ebebeppe.

 

Berto começou a pedalar. Quando conseguiu avançar com facilidade pelas planícies com as pedaladas, procurou a marcha para melhorar a tração, mas não a encontrou. A bicicleta não tinha marchas. «Estranho – refletiu – que bicicletas hoje não têm marcha?»

A marcha para bicicletas foi inventada por Tullio Campagnolo em 1935.

 

Brincando consigo mesmo, pensou «pelo menos, ao andar nesta velocidade absurda, o radar fixo na Rua del Sumito não vai me fotografar… hehehe…»

Não se preocupe Berto, o radar foi inventado pela empresa Sodi Scientifica em Florença na década de 1960.

 

Berto chegou ao laboratório às oito e quarenta. Toda a sua equipe estava pronta há mais de meia hora. «O que aconteceu?», perguntou Gianco Mimimmi, um geólogo quatro-olhos, seu principal colaborador e coordenador de equipe. «Está tudo bem? Você está pálido»

«Não foi nada – interrompeu Berto – ou demoraria muito para se explicar. Estou bem de qualquer forma. Você preparou todo o equipamento para o experimento? Os sismógrafos foram calibrados?»

«Os sismo o quê? – perguntou Gianco, espantado – o que é isso?»

«Os sismógrafos…» Berto gaguejou, com um estranho pressentimento… Entrou no laboratório e não viu aqueles instrumentos caríssimos que conseguira comprar – ou, pelo menos, estava convencido até a noite anterior de que os havia comprado – graças ao incansável trabalho de arrecadação de fundos que finalmente levou a um financiamento especial da faculdade de geofísica da Universidade de Keebe.

O sismógrafo eletromagnético foi inventado por Luigi Palmieri em 1857; já em 1902, o geólogo Giuseppe Mercalli desenvolveu a primeira escala para medir a intensidade macrossísmica de um terremoto, observando os danos e as modificações produzidas por ele (a Escala de Mercalli).

 

«Esqueça o sismógrafo – disse Berto a Gianco – você já definiu os parâmetros de cálculo nos computadores?»

«Computador? O que é um computador?», perguntou Gianco, preocupado com a confusão do chefe. «De qualquer forma, é claro que estabeleci os parâmetros de cálculo», acrescentou, entregando a Berto uma pilha de folhas de papel repletas de números e fórmulas.

O Programma 101 Olivetti, precursor do PC, foi inventado por Pier Giorgio Perotto em 1965; o microchip, por Federico Faggin em 1971.

 

«Ótimo – exclamou irônico Berto – o que significa que faremos todos os cálculos à mão… à moda antiga.»

«Antiga?” perguntou Gianco?»

«Deixe para lá. Vamos trabalhar, está ficando tarde», retrucou Berto.

 

O dia foi muito, muito longo. A equipe passou horas a fio revisando as medições dos efeitos do terremoto em várias cidades da República de Tuduia. Todos os cálculos foram feitos à mão, com lápis e papel, como Berto não fazia há anos. No entanto, ele ficou surpreso quando seus colaboradores se contiveram diante de uma equação simples de segundo grau. Todos exclamaram «impossível continuar, é um problema insolúvel…»

O primeiro a resolver uma equação de segundo grau foi Ludovico Ferrari em 1545.

 

Ao final do dia, apesar da ausência de sismógrafos e ferramentas informáticas, a equipe conseguiu concluir a experiência. O Diretor-Geral, a quem deveriam apresentar os resultados do trabalho, chegaria às sete e meia. Berto olhou para o relógio: eram seis e quarenta e um. «Vamos por uma música», disse se dirigindo para o lado do laboratório onde guardavam um velho rádio vintage, um Grundig 5150 de 1952, que Berto tinha restaurado pessoalmente e que, apesar da idade e do fato de ser “mono”, ainda funcionava que era uma beleza. Em seu lugar, encontrou uma chaleira sem marca com água para o chá. Sem questionamentos, imaginou que ele havia desaparecido como tantas outras coisas do dia. Estava começando a compreender aquele dia como um absurdo ao modo filosófico. Afinal, o que mais lhe poderia acontecer? Era óbvio que se contasse aos outros o que estava ocorrendo, eles o chamariam de louco.

O rádio foi inventado por Guglielmo Marconi em 1897.

 

Então voltou a si e perguntou a Gianco se tinha notícias da chegada do Diretor-Geral: «Seu helicóptero já deveria estar no radar a uma hora destas…», disse. O diretor não vivia do salário de gerente de uma instituição pública de pesquisa. Como herdeiro de uma família muito rica, poderia pagar um voo de helicóptero. Como morava fora da cidade, tinha o hábito de voar da casa para o laboratório, algumas vezes, para economizar tempo.

 

Gianco, cada vez mais alarmado com o comportamento de Berto, respondeu: «Radar? Helicóptero? Mas o que são? Berto, hoje você está estranho, eu realmente não te entendo… você sabe que o Diretor-Geral mudou-se recentemente para uma casa aqui perto e sempre vem a pé»

O radar foi inventado por Guglielmo Marconi (sim, o mesmo do rádio) e Ugo Tiberio em 1936, enquanto o helicóptero foi inventado por Corradino d’Ascanio (sim! O mesmo da Vespa!) em 1925.

 

Apesar da agitação do dia, Berto fez uma boa apresentação e o Diretor ficou satisfeito com o resultado da experiência. Eram vinte e trinta. Berto, exausto pela longa jornada, achou que deveria relaxar, já que estava com a cabeça explodindo.

 

Nada melhor nestes casos do que uma música clássica. Fugiu literalmente do laboratório e dirigiu-se ao Teatro Lírico, para o qual tinha um ingresso de temporada. Lembrou-se que o programa da noite incluía um concerto de música barroca com piano e cordas, seus instrumentos preferidos, às nove horas. Correu até a bilheteira, reservou o seu lugar na plateia e sentou-se para desfrutar de umas merecidas horas de música. Para sua surpresa, não havia nenhum piano no palco. Nenhum violinista. Apenas um sanfoneiro apareceu: «Sanfona? Mas detesto a sanfona!», pensou.

O violino foi inventado por Andrea Amati em 1500, enquanto o cravo (precursor do piano) foi inventado por Bartolomeo Cristofori em 1700.

 

Cada vez mais aquele dia lhe parecia uma espiral perversa de acontecimentos nefastos, inexplicáveis e perturbadores. Praticamente um pesadelo. Ouviu algumas melodias de sanfona, mas depois de não mais que um quarto de hora, o som do odiado instrumento aumentou sua dor de cabeça. Saiu e percebeu que a agitação do dia o fizera esquecer a fome. Não tinha comido o dia todo. Nem mesmo o café da manhã, que ele considerava “sagrado”. Agora, sentia um buraco quase doloroso em seu estômago. Lembrou-se que não muito longe do teatro funcionava a pizzaria Da Ciro, um restaurantezinho simpático onde, na semana anterior, levara Priscilla, uma amiga da escola que agora trabalhava no departamento de trânsito e por quem tinha uma queda. Era uma moça muito bonita, metade italiana e com muito senso de humor, que já o atraía na adolescência, mas a quem ele nunca teve coragem de se declarar.

 

Ele a reencontrou vinte anos depois do fim do ensino médio, quando foi renovar a carteira de motorista, e chamou sua atenção contando uma piada. Uma abordagem meio desajeitada, mas que nesse caso surtiu o efeito desejado: Priscilla riu de verdade e a partir daí se restabeleceu um ar de cumplicidade como nos tempos de colégio. A noite que passaram na pizzaria Da Ciro foi muito agradável e ficou indelevelmente gravada na memória de Berto. «Terei que convidá-la novamente e precisarei me declarar. Priscila é uma mulher fantástica», pensou. 

Virou a esquina, mas ao invés da pizzaria Da Ciro, encontrou uma loja de material de construção…

A pizza margherita, a mãe de todas as pizzas, foi inventada por Raffaele Esposito para homenagear uma visita da Rainha da Itália, Margherita de Savoiaou Margarida de Saboia em portuguêsem Nápoles, em 1889.

 

«Isso significa que…» virou-se para o outro lado da rua onde se encontrava a Igloo, sua sorveteria favorita, também desaparecida e substituída por um petshop. O olhar de Berto se fixou em um carrinho para cachorros, exposto na vitrine. «Um carrinho pra cachorro? – pensou, distraindo-se por um momento do desespero da fome – mas quem compra um carrinho para cachorro?»

A casquinha de sorvete foi inventada por Italo Marchioni em 1896, mas o sorvete é, na verdade, uma invenção dos romanos, que já em tempos antigos costumavam armazenar flocos de neve em ambientes frescos ao final do inverno para depois misturarem-nos a sucos e aromas e tomá-los como uma comida refrescante.

 

«Que pena… um bom sorvete talvez me reconciliasse com este mundo maluco…» pensou, esquecendo-se instantaneamente da visão indecente do carrinho de passeio canino. Por sua vez, o engenheiro Ebebeppe, uma pessoa racional, tinha apenas um ponto fraco: comprar bilhetes de loteria. E comprava-os, supersticiosamente, apenas no caixa da sorveteria Igloo, já que uma vez, muitos anos antes, uma cartomante que conheceu por acaso durante uma viagem ao Oriente, previu que um dia encontraria sua sorte comendo um sorvete. A partir desse dia, concedeu-se esta licença propiciatória única, dentro de uma vida lógica e cartesiana, comprando sempre um bilhete de loteria a cada vez que tomava um sorvete na Igloo.

De qualquer forma, a loteria foi inventada por Benedetto Gentile em 1576.

 

Sem consolo, Berto decidiu voltar para casa. Comeu algumas sobras da noite anterior: meia porção de gulache, um pouco de queijo e uma salada verde. Sentiu, então, desejo por um banho relaxante. Em seu último aniversário, ele se deu um presente caro, mas funcional, para o seu bem-estar: uma banheira de hidromassagem. Pela manhã, notara o sumiço do chuveiro, mas no alvoroço daquele dia, não percebera se a banheira ainda estava no lugar. Abriu a porta do banheiro e… encontrou apenas uma velha bacia, daquelas que se enchem com baldes e que agora só se veem nos filmes de faroeste, quando os cowboys tomam o único banho do ano (geralmente antes do festival do povoado, que terminará com um habitual tiroteio sangrento).

A banheira de hidromassagem foi inventada por Candido Jacuzzi em 1943.

 

A bacia foi a gota d’água. Devastado por aquele dia exaustivo e cheio de imprevistos inacreditáveis, Berto gritou, meio de brincadeira, meio a sério: «E agora? Só me falta bater um prego na cabeça!».

Mas mesmo que os tivesse procurado em sua caixa de ferramentas, não os teria encontrado. Os pregos de metal foram inventados pelos romanos…

 

Exausto, Berto permitiu-se ir para a cama, pensando em todas as coisas de que precisava e que haviam sumido naquele dia. A ausência de muitas invenções hoje necessárias à vida moderna fez com que um ditado de Platão zumbisse em sua cabeça: «A necessidade é a mãe das invenções». Começou repetindo, primeiro mentalmente, depois sussurrando as palavras daquela frase… «A necessidade é a mãe das invenções»… «A necessidade é a m…». Aos poucos, o cansaço se apoderou dele e suas pálpebras ficaram pesadas. Ainda vestido, com os sapatos calçados, caiu em sono profundo.

“Din, don, dan, din, don, dan…”. Berto acordou com seis badaladas do sino. Ele se levantou. Estava com uma forte dor de cabeça. Eram seis horas! Olhou pela janela e viu o campanário. Ligou também o rádio-despertador, que às vezes ligava quando queria ter a certeza de ser acordado durante dias importantes em que não podia depender do badalar dos sinos. Foi para a cozinha preparar seu café da manhã e enquanto saboreava seu café com pão e Nutella, seu celular tocou. Era o Gianco: «Ei, Berto! Só queria ter certeza de que você acordou. Temos um dia cheio pela frente hoje».

 

Após as abluções matinais, saiu em sua Vespa e passou em frente a Igloo. A sorveteria já estava aberta e ele estava adiantado. Disse para si mesmo: «mas por que não?», e depois, parou para tomar um sorvete: uma casquinha de pistache, morango e avelã. Precisava matar a vontade. Aproveitou para comprar o bilhete de loteria (mas não ganhou). Ao sair, ouviu uma voz que o chamava: «Bertooo! Oooooi, como vai?». Por trás de um sorriso enorme e lindo, estava Priscilla.

 

«Realmente, o mundo sem os italianos seria um pesadelo…», pensou Berto, enquanto sorria.

Texto escrito por:

 

Domenico Fornara – Consul Geral da Itália em São Paulo

Tour 360 Fazer Tour 360º